Home 9 Domestic and gender-based violence among civil, criminal and international law

 

Violenza domestica e di genere tra diritto civile, penale e internazionale


(P22086)

Gian Luigi Gatta, Lorenza Calcagno, Marisaria Maugeri



La Scuola superiore della magistratura da diversi anni organizza un incontro di studio in coincidenza con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, per sottolineare la piena adesione ai contenuti ed agli obiettivi degli strumenti internazionali, della Convenzione delle Nazioni Unite sulla eliminazione della discriminazione contro le donne adottata dall’Assemblea generale nel dicembre 1979 e soprattutto della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e contro la violenza domestica, cd Convenzione di Istanbul, aperta alla firma nel maggio 2011. Per rafforzare la risposta ad un fenomeno di violenza di estrema gravità e dar pieno adempimento alla Convenzione di Istanbul ‐ la quale dedica il capitolo VI (articoli da 49 a 58) agli aspetti processuali penali connessi ai reati di violenza di genere ed individua le misure (« legislative o di altro tipo ») che gli Stati devono adottare per garantire il pieno rispetto dell’accordo internazionale‐ il legislatore è intervenuto con la legge 19 luglio 2019, n. 69 (cosiddetto Codice rosso). La normativa ha apportato modifiche ad alcune norme del codice penale e di procedura penale, con lo scopo di meglio reprimere i reati di violenza di genere e domestica e di offrire una più significativa tutela alle donne ed ai minori vittime di tali violenze. In particolare, è stata stabilita l’obbligatoria tempestività dell’intervento sia della polizia giudiziaria che dell’autorità inquirente, anche mediante l’audizione della persona offesa o denunciante nel termine di tre giorni dalla data di iscrizione della notizia di reato. Si rammenta che proprio i ritardi nell’avvio delle indagini dopo la denuncia della violenza e l’assoluta sottovalutazione del rischio con la mancata adozione di misure di protezione hanno portato alla condanna del nostro Paese da parte della Corte EDU nella sentenza Talpis v. Italia (2.3.2017, ricorso 41237/14). Ad oltre due anni dall’entrata in vigore appare necessario operare una verifica di funzionalità della disciplina contenuta nel cd Codice rosso, al fine di interrogarsi sull’efficacia del sistema di protezione contro la violenza. La difficoltà che emerge dall’esperienza giudiziaria di fornire risposte adeguate ai troppi casi di violenza che si registrano quotidianamente deve aprire un confronto ed una riflessione sulla necessità di un lavoro sinergico tra tutti gli operatori, prima di tutto i magistrati, che sono chiamati ad intervenire con ruoli e strumenti di tutela diversi. I giudici civili spesso affrontano controversie nelle quali la violenza è solo annunciata, in un momento nel quale l’aggressione fisica o psicologica può essere scongiurata e non solo repressa. Il compito di prevenire è complesso, perché lo sviluppo della patologia familiare matura all’interno delle mura domestiche, in modo non sempre avvertito e lo svelamento di questa realtà è spesso complicato dal difficile confine tra conflittualità e violenza. Il corso offrirà un approfondimento sulla disciplina degli strumenti di contrasto a disposizione del giudice civile, non solo con riguardo agli “ordini di protezione”, ma anche in relazione alle modalità di affidamento e visita dei figli minori ed alla compatibilità delle esigenze di protezione con quelle di garanzia della continuità affettiva tra minore e genitore asseritamente maltrattante. In uno spirito di confronto e dialogo verranno evidenziate ed approfondite le potenzialità della funzione del pubblico ministero all’interno dei procedimenti civili, affinché non solo siano valorizzati, grazie al ruolo della parte pubblica, i poteri istruttori del giudice civile, stretto tra principio della domanda e rigore della dialettica processuale, ma sia assicurato il migliore e più immediato collegamento con la giustizia penale, indispensabile all’adozione di misure interdisciplinari coerenti e coordinate. Il corso muove dalla convinzione che per la realizzazione degli obiettivi di tutela individuati in ultimo dalla Convenzione di Istanbul è fondamentale una formazione specializzata dei magistrati chiamati ad occuparsi, in tempi e con strumenti diversi, dei fenomeni di violenza domestica e di genere, una formazione che deve coinvolgere magistrati che operano su fronti diversi, in particolare la magistratura requirente e quella giudicante del settore famiglia e persone. L’approccio integrato delle professionalità risponde per altro appieno alle indicazioni contenute nella Convenzione di Istanbul. Il corso avrà anche una impostazione pratica, volendo porre a confronto le prassi esistenti nei diversi uffici giudiziari per il contrasto alla violenza domestica, prassi spesso trasfuse in protocolli di intesa sottoscritti con i diversi soggetti istituzionali operanti sul territorio, al fine di individuare le modalità più idonee per un intervento preventivo e repressivo. La Scuola, in piena rispondenza alla sua natura istituzionale, deve essere luogo primario di scambio e approfondimento delle diverse esperienze al fine di far emergere e rendere conoscibili le linee di attività risultate particolarmente efficaci nella realizzazione di una efficiente prevenzione e repressione dei fenomeni di violenza domestica e di genere. L’attuale inadeguatezza del sistema complessivo a fornire una risposta adeguata alle dimensioni del fenomeno – definito “una vergogna della nostra civiltà” dalla Ministra della Giustizia in occasione del suo intervento alla Scuola Superiore della Magistratura il 24 novembre 2021‐ ha portato allo studio di nuove misure per rafforzare gli strumenti di prevenzione con la previsione anche di interventi sulla procedura: il corso costituirà un momento di approfondimento e studio anche di tali eventuali novità.


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